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RESIDENZA|RESILIENZA a Milano con ‘Spring Makers’

RESIDENZA|RESILIENZA fa parte dei progetti selezionati per SPRING MAKERS, progetto di crowdfunding realizzato in occasione di EXPO 2015. Al link i dettagli del progetto.

– segue comunicato stampa – 

Spring Makers
16 giugno – 11 settembre 2015
Sala EXPO 2 – Hotel Klima Milano, via Privata Venezia Giulia 8 – 20157 Milano
Info 349/8452986 – info@laboratorioalchemico.com

Conferenza stampa e inaugurazione MARTEDI 16 giugno 2015, ore 18.30

LOGO SPRINGMAKERS

A cura di FIDAPA BPW ITALY sez. Milano (Capofila), Associazione Laboratorio Alchemico, AmAMi

START – UP
BEN SCELTO – Progetto per un supermercato senza controindicazioni
ACCAERRE – Business Coaching
TURISALUS- Mobilità e Logistica per turisti con esigenze di salute particolari – Turismo medicale
RAPPORTO TRA LAVORATORE E DATORE DI LAVORO: internalizzazione del professionista di riferimento . Creazione di un gruppo di studio internazionale per giungere ad un protocollo etico condivisibile
META_NOUVEAU – il tavolo si mette in luce
CAR SHARING – turismo culturale ed enogastronomico lombardo con car sarin
NATURA DONNA IMPRESA: un simposio work in progress per mettere in rete donne che fanno green economy


PROGETTI
WHALELESS di Giovanni Cervi
RESIDENZA|RESILIENZA di Petra Cason Olivares
LO SPIRITO DI MILANO di Mario Washington
SISTEMA NAVIGLIO di Giovanni Pelloso
GLI INVISIBILI di Francesca Romano
CARNE. UMANOMALìE di Emanuele Beluffi e Christian Zucconi
PROGETTO PARCO DELLE LETTERE MILANO dell’Associazione Quarto Paesaggio
ACQUA DA BUTTARE di Mauro Mariani
VALICO TERMINUS di Nila Shabnam Bonetti e Giovanni Cervi
PICCOLO MUSEO DELLE ARTI APPLICATE di Michael Rotondi

Ideazione > Nila Shabnam Bonetti
Grafica > Mauro Mariani, Giovanni Cervi
Partner > AIDDA deleg. Lombardia, EXPO 2015, WOMEN FOR EXPO, B to BE WOMEN IN ETHIC BUSINESS, Klima Hotel Milano, AmAMi, Laboratorio Alchemico, FIDAPA BPW ITALY sez. Milano

Spring Makers è un progetto di crowdfunding che mette in rilievo le potenzialità della creatività made in Italy in occasione di Expo 2015. Esso mira a esporre e valorizzare progetti, sia di iniziative produttive all’insegna dell’innovazione e della sostenibility sia d’arte e design, progetti in linea con la filosofia e la mission delle Associazioni partner: FIDAPA BPW ITALY, LABORATORIO ALCHEMICO, AmAMi e AIDDA, con l’obiettivo di attrarre possibili finanziatori presenti come clienti nell’Hotel.
Le Associazioni in partnership creano un network sinergico in grado di realizzare concretamente una della principali finalità dell’Expo, che è quella di individuare e promuovere nuovi talenti e nuove imprese che proiettino nel futuro artistico e imprenditoriale i valori e i criteri di sostenibilità necessari per il futuro del nostro pianeta.
L’Hotel Klima è la sede più idonea proprio per la filosofia con la quale è stato progettato e con la quale opera ed è da subito stato partner di grande disponibilità e collaborazione.
In questi spazi si esprimeranno al meglio i contenuti di Spring Makers che si vogliono presentare, attraverso video, parole, immagini.
I progetti proposti hanno una forte connotazione ecologica e sociale, sono testimonianza della necessità di ridefinizione del ruolo dell’uomo nella sfera collettiva. Tutto converge nel disagio sociale ed economico che stiamo vivendo in questi anni e nel bisogno di orientarci verso scelte nuove ed ecologiche per migliorare noi stessi e la società.

In occasione della conferenza stampa in data 16 Giugno, dalle 18.30, sarà possibile presenziare alla conferenza stampa in sala Expo 2 del Klima Hotel e vedere i video di presentazione dei progetti in area bar, dove sarà offerto un rinfresco agli ospiti.

In questo primo step il materiale sarà consultabile sui siti:
laboratorioalchemico.com
fidapanordovest.it/milano
piattaforma di concierge online consultabile dagli ospiti di Klima Hotel
aidda.org

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FRAGILE @ HALL ART PROJECT

FRAGILE – PERSONALE DI FOTOGRAFIA DI LEONARDO ONETTI MUDA
17 aprile – 31 maggio 2015
Inaugurazione venerdì 17 Aprile h. 18.30

Nelle prestigiose sale dell’Hotel Palladio a Vicenza, e nell’ambito del progetto curatoriale HALL ART PROJECT, venerdì 17 aprile inaugura “FRAGILE”, la personale del fotografo Leonardo Onetti Muda. La Natura come soggetto privilegiato, negli scatti che compongono le due serie presenti in mostra, in grado di trasmettere, pur “in cattività”, il connubio tra la potenza che le è propria, la riluttanza a soccombere, e la caducità di una bellezza estremamente fragile. La luce, studiata, calibrata, mai casuale, consente ai dettagli di emergere con estrema precisione. In Urbana Natura vige la lotta silenziosa tra la cementificazione massiva cittadina (Milano è lo scenario di questi scontri impari) e un universo vegetale in continua espansione. La compenetrazione di elementi in contrasto assume, all’interno di questi scenari inediti, un equilibrio compositivo che lo avvicina al linguaggio tipico dell’astratto. Onetti Muda mette in campo la poetica del paradosso, permettendo ai brani desertificati invasi dalle erbacce di giungere a picchi di lirismo inattesi.

L_ONETTI_MUDA_serie URBANA NATURA_03
Le corolle marcescenti, gambi piegati da peso delle loro stesse infiorescenze, fioriture che portano allo stremo la loro capacità di aprirsi, in Indoloappaiono come una riflessione sulla bellezza dell’effimero, un inno alla caducità come estrema portatrice di bellezza. Questi fiori non recisi si mostrano in una nuova lassezza, in un rilascio di tensione: la permissione di godere, finalmente, dell’esito del fulgore appena consumato.

L.ONETTI MUDA_serie INDOLO_01

Leonardo Onetti Muda (1966) fotografo professionista dal 1994, da diversi anni vive e lavora tra Vicenza e Milano. Ha realizzato numerosi progetti editoriali per testate del gruppo RCS e Mondadori, collabora con agenzie pubblicitarie come art director e lavora come autore a numerosi progetti artistici quali “Trenta, ritratti di opere e artisti vicentini”, “In corso”, “I like you_Io come te”.

HALL ART PROJECT è il progetto espositivo di arte contemporanea ideato dall’art curator Petra Cason per presentare, all’interno delle sale al piano terra del prestigioso Hotel Palladio (nel centro storico di Vicenza), opere di artisti italiani e internazionali attraverso un programma curatoriale dedicato. Con una modalità che unisce l’esperienza di una piccola galleria d’arte all’innovazione di una vetrina virtuale, le esposizioni di HALL ART PROJECT, rinnovate con cadenza mensile, saranno sempre a disposizione del pubblico e dell’attenta clientela dell’albergo mediante una piattaforma on line, per poterne fruire – anche dopo il soggiorno presso l’Hotel Palladio – come curioso pubblico o come appassionati collezionisti.

HALL ART PROJECT
Hotel Palladio Contrà Oratorio dei Servi, 25 
36100 Vicenza – Italy

Info    www.olivarescut.it/hall  |   petra@olivarescut.it

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Casa. Un racconto alla Deriva

Incontrai quel tale in treno. Stavo viaggiando alla volta di Treviso e mi imbattei in un uomo anziano, un’ottantina d’anni, all’incirca. Aveva una barbetta lunga e appuntita, da capro, e gli occhi vispi, che contrastavano con la pelle rugosa che li contornava. Con quelli scrutava l’intero scompartimento, saltando da un passeggero all’altro come cavallette affamate. Quando si fermò sui miei occhi cominciò a raccontare, senza un preambolo. E prese a narrarmi della Casa di Follina.

Mi disse che l’uomo che viveva in quella Casa era un artista, uno di quelli con la A maiuscola, e che la parlata, cadenzata e musicale, tradiva le sue origini emiliane. Ma il vecchio non si dilungò molto su dettagli come questi. Preferì raccontarmi di come, a Follina, la gente del posto avesse cominciato a vedere le cose più strane, dall’arrivo dell’Artista, come delle apparizioni…

10-Vivere-bene-con-deriva
Al calare del sole comparivano, tra i campi dietro Casa, esseri strani, come delle ombre. C’era chi si ostinava a credere fossero scherzi della mente, magari di chi aveva bevuto qualche bicchiere di troppo…Ma altri no, sostenevano fossero reali. Dicevano fossero sgusciate fuori dalla Casa attraverso le fessure tra i mattoni, appiattendosi come i topi o i serpenti, ma che, una volta giunte all’aperto, queste sagome scure si fossero sollevate in piedi assumendo fattezze umane. Parevano dei viandanti, avvolti in un pesante mantello, ma dicevano ci si potesse guardare attraverso: avevano un buco all’altezza del ventre, ma non i mantelli! Gli interi corpi di questi misteriosi signori. Gli si poteva guardare attraverso, e scorgere gli alberi e i campi dietro di loro.
Qualche temerario riuscì perfino a scorgere l’interno, della Casa: un ragazzino raccontò di aver visto cani correre in verticale sulle pareti, saltare e rincorrersi tra gli stendardi appesi, lasciandosi dietro, nel loro balzare, scie di colore nerastro. Stormi di uccelli migratori vivevano sulla mensola sopra il camino, e passavano le giornate intingendo le zampe nel lievito madre (un intruglio misterioso di colore e acqua che l’Artista teneva costantemente apparecchiato sopra il tavolo da lavoro) come fossero gambe di sedano in pinzimonio per poi saltellare per lo studio riempiendo di macchie le carte ben stese sul pavimento. “Avrebbe dovuto vedere quelle carte!”, diceva il vecchio. L’Artista le aveva trovate in vecchi archivi polverosi e, su quelle, le bestiole starnazzanti andavano a posarsi. Ora si appollaiavano sulle trame delle stoffe che pendevano dal soffitto, piramidi di piume in bilico. Ora invece compivano piccole migrazioni tra lo studio e il salotto: avevano confuso in dentro con il fuori, e non c’era verso di farli smettere nella loro buffa impresa. Alcuni di loro, compiendo questi insoliti traslochi, si portavano dietro grossi tronchi, o massi franati. Li tenevano legati a dei fili sottili ed ogni filo era stretto nel becco. Le partenze erano sempre complesse, e nella foga di alzarsi in volo capitò che un tronco andasse a sbattere sui barattoli di colore che stavano sopra la cassettiera, macchiando le tele sottostanti. 3-Trasloco

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La faccia oscura dell’arte

Ricevo una telefonata in tarda mattinata, sabato. E’ Elena Dal Molin, corpo e mente di Atipografia. Mi chiama per chiedermi di intervistare – per la web radio dell’associazione – i protagonisti della serata. Detto, fatto. Dopo poche ore mi ritrovo dietro la spessa tenda nera che divide lo spazio espositivo di questa meravigliosa ex tipografia (trasformata in luogo dedicato al contemporaneo) dalla saletta dedicata alle registazioni con, a fianco a me, uno alla volta, Carlo Bernardini, artista visionario che ha appena inaugurato la personale dal titolo Coordinate Invisibili, Luigi Meneghelli, un critico-poeta (come lo chiama Elena) e Claudio Cervelli, light designer e uomo di squisita sensibilità.
Questo un piccolo racconto della mostra, fresca di inaugurazione.

Atipografia non ha niente a che vedere con le gallerie intonse, dalle grandi pareti bianche, dentro delicatissimi spazi architettonici progettati dalle archistar e pieni di limitazioni, dice Carlo Bernardini. Coordinate invisibili, questo il titolo della sua personale, è nato con e dalla relazione con quello che è uno spazio crudo, fortemente caratterizzato, legato inscindibilmente al suo passato, di questa storica tipografia della provincia vicentina, ma che, con le sue pareti scrostate – che mostrano la nuda pelle dei mattoni – e le ampie vetrate piombate, si presenta come una “vera e propria palestra” per l’artista e la sua ricerca artistica. Bernardini ha inteso l’asprezza del luogo, le difficoltà oggettive dello spazio, come un valore aggiunto al suo lavoro, site specific per antonomasia. “Vedere è soprattutto ‘vedere il problema’ e ciò che gli sta dietro. L’artista più attento cerca di ridescrivere nell’opera l’itinerario del proprio sguardo”, scrive Luigi Meneghelli nel testo introduttivo all’opera di Bernardini. Perchè è complesso parlare di visibile quando la sostanza di un intero operato poggia sull’invisibile.
Le opere di Bernardini sono più che installazioni di luce. Le geometrie di luce, prodotte dall’estensione al massimo della sua capacità di corde di fibra ottica, scardinano la prospettiva del reale abbattendo virtualmente i limiti oggettivi delle architetture sovrapponendo ad esse nuovi piani intuibili. Una geometria della mente, ma tangibile – com’è il materiale luminoso utilizzato – e attraversabile, nonostante le linee, raccordate tra loro per mezzo di punti dalla luminosità accentuata, sembrano formare, nello spazio, piani invalicabili.
Queste grandi e leggerissime “opere ambiente” dialogano con un buio non subìto ma vissuto. Nell’oscurità notturna in cui è avvolta la grande sala espositiva non si percepiscono che questi sottilissimi e ben definiti fasci di luce, dall’intensità eterogenea. Ma, nella stessa sala illuminata a giorno dalle grandi vetrate, le opere si rivelano nella loro doppia natura, svelando un esoscheletro di metallo, a sostegno e raccordo delle fibre ottiche, che diventa parte integrante del fattore installativo. Ganci di accaio, anime in ferro, piastre affastellate una sull’altra: sono le “spine dorsali” – come le chiama il loro stesso fautore – delle opere luminose, e mostrano un’estetica altrettanto forte quanto quella messa in gioco dalla luce che buca il nero denso.

  • Photo courtesy Luca Peruzzi e Atipografia
  • Photo courtesy Luca Peruzzi e Atipografia

Un’altra opera entra direttamente a contatto con lo spazio di Atipografia e, come spesso succede nei lavori di Bernardini, se ne frega dei limiti oggettivi delle superfici materiche volendo ad ogni costo oltrepassarle, per creare, attraverso quei segni disegnati con la luce, una continuità spaziale tra interno ed esterno. L’opera, composta da sottilissimi tubi di vetro riempi dal gas neon (ma privi degli elettrodi che necessiterebbero per eccitare il gas attraverso l’energia elettrica e produrre la luce “piatta” tipica del mezzo) si fa spazio attraverso i vetri delle finestre, bucandoli e stando letteralmente a metà tra il dentro e il fuori. Questa delicata piramide di linee di vetro illuminato contiene al suo interno visibile una bobina di Tesla la quale, seppure molto piccola, permette alla struttura di illuminarsi, sostituendosi alla fonte di energia elettrica tradizionale, ma producendo nei tubi intensità luminose differenti, in base alla vicinanza di questi con la bobina.
Qui un aspetto, che svela, se vogliamo, le origini della ricerca artistica di Bernardini: se da un lato l’uso del neon richiama alla mente Fontana e le sue sperimentazioni sull'”invasione” spaziale degli anni Cinquanta (che rompeva con le tradizionali concezioni di supporti e modalità artistiche a favore della tecnologia) plasmando il tubo di neon e creando un linguaggio totalmente innovativo, dall’altro lato non possiamo non ricondurre l’aspetto di “ambiente”, che assume nel suo complesso l’apparato di opere nello spazio, all’attività di ricerca della Op Art, del Gruppo T e delle varianti prospettiche messe in campo, attraverso l’applicazione degli studi di ottica e cinetica, negli ambienti all’interno dei quali lo spettatore “viveva” l’opera e, gradualmente, cominciava ad interagire con essa, modificandola. Così qui, di fronte ai “neon ritoccati” di Bernardini mi trovo ad imitare il gesto dell’artista al mio fianco che, usando la mano come conduttore di elettricità, attiva i neon spenti avvicinandosi ad essi.
La rifrazione sui vetri bui della piramide imbroglia il nostro occhio, che non riesce più a percepire cosa è dentro e cos’è fuori, quali le linee reali e quali le luci riflesse, in un continuo gioco di rimandi e cambi di visione…
La mostra rimarrà esposta ad Atipografia fino al 14 marzo. Un consiglio? Andateci non appena sarà sceso il sole…

Coordinate Invisibili di Carlo Bernardini.
Dal 17 gennaio al 14 marzo 2015.
Dal mercoledì al venerdì dalle 15 alle 19.
Sabato e domenica dalle 15 alle 20.
Atipografia Via Campo Marzio 26, Arzignano (VI)

Photo courtesy Luca Peruzzi e Atipografia

 

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SHOUT. Il concetto dell’illustrazione (con intervista)

Un ibrido tra un racconto, una recensione e un’intervista.

Nella suggestiva penombra dei sotterranei di Palazzo Chiericati si terrà fino all’8 dicembre prossimo, il primo evento di Illustri Festival, ALESSANDRO GOTTARDO (IN ARTE SHOUT) SELECTED WORKS, sèguito dell’esposizione dello scorso anno (curata anch’essa dall’illustratore Ale Giorgini) che raccoglieva per la prima volta per Vicenza, all’interno della Basilica Palladiana, “undici illustratori under 40 che il mondo ci invidia”.

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Alessandro Gottardo aka Shout

Uno di questi era proprio Shout, che torna a Vicenza con una selezione di lavori che ripercorrono la sua carriera di illustratore dal 2005 al 2014. Un viaggio a ritroso lungo le quattro sale interrate, attraverso opere che vanno dalle ultimissime tavole (con inediti), elaborate in digitale, passando per le acquetinte e i ritratti, fino ai disegni a penna datati 2011, breve ritorno all’amato analogico delle origini.
Shout, un uomo schivo e riservato, ha scelto la caotica Milano per vivere e lavorare.

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