Come un’epifania. Il tempo a mani nude (in una manciata di ore)

Oltrepassando un anonimo portone, al numero 26 di Via Dante, giusto a fianco dell’ingresso del ben più noto cinema di Dueville, si entra in un luogo che non ti aspetti. Le pareti consunte da anni in cui l’umidità ha trascorso ad abbracciare l’intonaco incontrano gli sguardi degli astanti. Al termine dell’ampio corridoio, sulla destra, si apre una stanza più grande, con un tetto leggermente spiovente, e alcune botole sul soffitto. La luce lì è più attenuata, occhi di bue illuminano a spot solo alcune porzioni delle superfici impolverate.

Dall’oscurità – premessa di un vicino oblio – emergono i residui di una sapienza dimenticata: dai tavoli da lavoro, dalle cassettiere semiaperte, si fanno guardare in bella posa tantissimi strumenti resi monumentali dall’inoperosità vecchia di decenni. Ma, al di là della patina del tempo, sarebbero ancora in grado di svolgere con dignità il loro ruolo. Pinze, tenaglie, morsi, martelli e martelletti, dai manici corti – impugnature bizzarre – necessari per lavorare nel cavo angusto di paioli in rame…

Un laboratorio di lattoneria, quello della Famiglia Cason, preservato intatto con i suoi cimeli, da oltre quarant’anni è fermo e quasi dimenticato.
Per un attimo, però, prima di scomparire definitivamente, torna ad aprire le sue porte ad un paese che quasi totalmente ne ignorava l’esistenza. Nel tentativo di instaurare un insolito – e inaspettato – dialogo con il luogo, le opere di due artisti contemporanei trovano ospitalità tra i banchi da lavoro, tra gli attrezzi appesi a vecchi chiodi, negli scansi tra i muri, o al di là di vetri smerigliati. Aprendo nuove visioni, permettendo nuove prospettive

Denis Volpiana ha fatto del concetto di “frattura” il tema conduttore della sua più recente ricerca artistica. Prevalentemente pittorica, la sua azione fortemente gestuale porta spesso ad esiti dai tratti scultorei, tridimensionali. La tela non basta più, nella sua superficie bidimensionale,
quand’è aggredita – letteralmente – dagli agenti chimici dei composti che Volpiana utilizza nella materia coloristica, mutuati dall’alchimia della lavorazione conciaria, tradizione artigianale dalla quale proviene la formazione dell’artista. Essa si ribella alla sua stessa forma, quasi scuotendosi di dosso la statica armatura/intelaiatura che la costringe alla planarità.
È il colore stesso a rendere queste opere materiche, nell’impasto pittorico che, stratificato, è svelato man mano ad opera dei reagenti chimici o per intervento dell’artista stesso. È opera in continuo divenire, nei mutamenti che la attraversano nello scorrere del tempo, talvolta anche atmosferico (la neve che cade sulla tela e dà vita ad un inedito craquelé). Nel voler abbracciare lo spazio, nel farsi terza dimensione, questi dipinti (ir)rompono parti di sé, in una tensione che si fa costante anelito di libertà.

Christian Manuel Zanon disvela il fulcro della propria opera con la delicatezza di chi sfoglia, un petalo alla volta, un fiore cercandone nel cuore l’essenza, provando a dare concretezza all’idea di profumo (Amateur, 2013)…
È una ricerca inesausta di nuove prospettive su mondi soltanto immaginati. La carta, eterna compagna dell’artista, è il lenzuolo candido sul quale si imprimono, in un ordine che Zanon conosce in profondità, sensualità poetiche: segni e solchi, pieni e vuoti, accenni di luce o memorie di colore. Traslitterazioni di una musica non ancora suonata, ma pensata – in potenza – dal suo autore, nell’intensità dei suoi ritmi, delle sue pause dense, delle sue armonie. Qui non è il gesto ad emergere, bensì il concetto, nella sua più impalpabile forma: quella del desiderio di ricordare, oltre il trascorrere del tempo.

IL TEMPO A MANI NUDE
sabato 12 e domenica 13 ottobre 2019
Progetto a cura di Petra Cason Olivares, con il patrocinio del Comune di Dueville

Uno speciale ringraziamento a Italo.
Photo courtesy Marco Dal Maso (TY visual)

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