Un incendio ben architettato. Fuocoapaesaggio al Forte di Monte Ricco

A partire dallo scorso maggio, il progetto di arte contemporanea in costante dialogo con il paesaggio Dolomiti Contemporanee ha accettato una nuova sfida: riattivare un luogo pregno di storia e di notevole suggestione, il Forte di Monte Ricco.

Dopo un lungo e complesso restauro sostenuto dal Comune di Pieve di Cadore e Fondazione Cariverona, il monumentale complesso bellico di fine ‘800 è stato affidato a due importanti enti locali, la Fondazione Centro Studi Tiziano e la Fondazione Museo dell’Occhiale Onlus, i quali hanno invitato Dolomiti Contemporanee a curare l’azione di riapertura.
La riattivazione di luoghi sospesi, abbandonati o dormienti, inglobati nel patrimonio Unesco delle Dolomiti, è da sempre la missione di DC, la quale ha affrontato la sfida ideando un considerevole progetto espositivo. Le opere d’arte scelte hanno preso possesso delle stanze di pietra che si aprono lungo i bracci speculari del Forte, consentendo una perfetta leggibilità delle vicende susseguitesi al suo interno in oltre un secolo, di cui le scritte sui muri sono incredibile testimonianza.
Parte del progetto sono 21 artisti, alcuni dei quali hanno lavorato all’interno della struttura del Forte, permeandone l’influenza, e riportando le proprie suggestioni direttamente nell’opera d’arte.

David Casini, Ritratto di Filippo II in armatura, 2017, ottone, plexiglas, stampa UV, carta velluto, legno,190x90x15 cm. Foto di Giacomo De Donà

“Fuocoapaesaggio” vuole ribadire l’importanza di tornare a puntare l’attenzione sul paesaggio, focus dell’indagine, ma anche sulla necessità di incendiare – le coscienze – e bruciare ciò che è ormai ammuffito e non è più in grado di produrre alcun tipo di riflessione.
In questa mostra, invece, sono molte le occasioni per innescare un cambiamento in procedimenti stantii, dialogando con il territorio. Le pietre leggerissime di Stefano Cagol, in vetroresina, o i boschi in camouflage di Davide Mancini Zanchi portano l’attenzione al contrasto tra naturale e artificiale, ribadendo la differenza dell’intervento dell’uomo, dov’è di invasione e dove di inclusione.

Davide Mancini Zanchi, Quarto, La Sila, Cansiglio, 2017, olio e acrilico su tessuto mimetico, 200×125 cm. Foto Giacomo De Donà

Numerose sono le installazioni (di Sebastiano Sofia, Simon Laureyns, Davide Dicorato, ad esempio) che inglobano al proprio interno “objet trouvé”, molti dei quali rinvenuti all’interno o in prossimità di Monte Ricco, o nel Forte gemino (Batteria Castello), entrando in collisione con i luoghi che compongono un “altrove” talvolta solo pensato.

Sebastiano Sofia, Tu, l’istante in cui il mare diventa deserto e viceversa, 2017, sabbia, legno, ferro, gomma, poliuretano, pigmento, vernice, dimensioni ambientali. Foto di Giacomo De Donà

Giulia Fumagalli e Irene Coppola portano all’interno dello spazio del Forte un “esterno” percepito attraverso la visione, sia essa la gradazione cromatica delle rocce dolomitiche lette all’alba e all’imbrunire, o il verde raddensato e capovolto del paesaggio silvestre scorto da una finestra schermata.

Irene Coppola, Magenta, 2017, dispositivo scultoreo ottico, filtro monocromatico. Foto di Giacomo De Donà

Sandra Hauser, nella “Santa Barbara” del Forte (ciò che rimane del deposito di munizioni interrato) porta al suo interno la presenza ideale del fuoco, con un video realizzato a testimonianza della combustione di un tronco d’albero che per un paio d’anni ha fatto parte del processo creativo dell’artista.

Sandra Hauser, The Patient – Investigation for a new Identity. Phase III (After the Cut), 2017, video full HD. Foto di Giacomo De Donà

Di grande impatto il lavoro puntuale di Mattia Bosco, che intervenendo solo parzialmente su pietra e legno con un’azione levigante, altera la percezione tattile e visiva della materia.

Notevole l’intervento di Alessandro Sambini. Ancor più del Capriccio (composto da una serie di “ritratti” del Forte commissionati a pittori locali, realizzati il giorno dell’inaugurazione, souvenir di un moderno Grand Tour), è la scelta di porre nel prato antistante il forte una “rovina contemporanea”, un modulo di sabbia dolomitica stampata con innovative tecnologie 3D, dall’aspetto di rudere ma in realtà commissionato dal Ministero della Difesa e atto a produrre muraglie a protezione di luoghi patrimonio dell’umanità.

Alessandro Sambini, Grand Tour, 2017, performance e display, pittori della provincia di Belluno ed espositori in legno. Foto Brando Prizzon

Infine, una serie di opere compongono il primo nucleo del progetto trasversale e sperimentale “Tiziano Contemporaneo”. Gli artisti si trovano a confrontarsi con il grande maestro rinascimentale (nato e vissuto a Pieve di Cadore), reinterpretando alcuni capolavori stravolgendone totalmente l’assetto compositivo: David Casini effettua una scomposizione che lo porta ad indagare i materiali di cui sono composti alcuni dettagli di due dipinti di personaggi in armatura; Paola Angelini dialoga con la Pietà incompiuta del Maestro, conservata alle Gallerie dell’Accademia a Venezia ribadendo il rapporto dinamico con il colore; in ultima Sophie Ko, che dà vita ad un’opera “nuova”, composta dalla cenere prodotta dalla combustione di riproduzioni fotografiche della Deposizione di Cristo di Tiziano. Una riflessione sulla morte oltre la morte, ciò che rimane di un incendio ben architettato, atto a smuovere le coscienze, sul finale di Fuocoapaesaggio.

  • Simon Laureyns, installation view. Foto di Nicola Noro
  • Sophie Ko, Geografia temporale V, 2013, cenere d'immagini bruciate, 160x60 cm. Foto di Nicola Noro
  • Davide Dicorato, Non detto non scelto, come tutto il resto, 2017, materiali vari. Foto di Giacomo De Donà
  • Mattia Bosco, installation view. Foto di Giacomo De Donà
  • Paola Angelini, Matrice, 2014, olio su lino, 200x200 cm. Foto di Giacomo De Donà
  • Giulia Fumagalli, Plurimo. Tramonto e Alba, 2017, scultura, legno, specchi, stampa, 200x100x30 cm. Foto di Giacomo De Donà

Fuocoapaesaggio
20 maggio – 30 settembre 2017
Forte di Monte Ricco, Pieve di Cadore (BL)
A cura di Gianluca D’Incà Levis e Giovanna Repetto

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