VISIONI DI OSCILLA

Nel 2010 mi sono laureata con una tesi specialistica sull‘interaction design per l’arte interattiva, specificatamente il mio interesse era nei confronti di quell’arte (ora digitale) che per far evolvere completamente un lavoro artistico ha bisogno dell’intervento di un individuo “altro” rispetto all’artista, ossia necessita dell’intervento diretto del pubblico.
La tesi si intitolava “L’arte appesa a un filo”. Al tempo avevo messo a confronto diversi casi studio, le prime opere interattive di Myron Krueger, artista degli anni Settanta, fondamentale per l’interazione corporea applicata al video, e gli ambienti interattivi di Studio Azzurro, gruppo artistico italiano che ha saputo portare avanti un linguaggio innovativo affiancato dalle più moderne (allora) tecnologie. Questo per introdurre e analizzare l’operato di un gruppo artistico neonato, Sacrocuoreconnection il quale, pur avendo grandi potenzialità, dopo l’exploit del 2010 è entrato in stand-by nel quale rimane da diverso tempo.

Tuttavia l’opera di ricerca nei confronti del digitale, dell’interattività e di nuove modalità di connettere l’arte alla musica e alle nuove tecnologie viene portata avanti su più fronti, anche dalle nostre parti. E questo è ciò che sta facendo Andrea Santini, in questi giorni ospite del mastodontico Earzoom Sonic Art Festival di Ljubljana, esponendo in occasione di diversi festival e rassegne la sua opera OSCILLA.
Durante il suo soggiorno a Tokyo, le scorse settimane, in occasione del Tokyo Experimental Festival 2013, gli ho posto alcune domande, in merito al suo lavoro e alla genesi di Oscilla. Ecco qui come mi ha risposto.

cut: Da dove partono le tue ricerche in merito all’applicazione della musica in campo artistico?
Andrea: La mia esperienza come ‘musicista’ perlopiù autodidatta mi ha fin da subito portato ad interessarmi ad approcci e processi, spesso ‘inconsueti’ o ‘sperimentali’. Di conseguenza ho sempre provato un certo gusto per l’utilizzo di soluzioni ‘normali’ in maniera non convenzionale o per tentare strade del tutto nuove, come ad esempio strumenti musicali o accordature particolari, manipolazione del suono in tempo reale e, piu di recente, sistemi interattivi in cui l’ascoltatore-fruitore dell’opera diventa interprete attivo di un processo piuttosto che osservatore passivo di un lavoro gia strutturalmente completo.

Qual è la storia di Oscilla, come funziona?
OSCILLA è una sorta di strumento musicale che il ‘ visitatore’ suona muovendo se stesso o una serie di oggetti all’interno di una zona interattiva. Una serie di elementi videoproiettati (note musicali, frequenze di suoni generati e posizioni degli elementi in movimento) definiscono lo spazio e l’interazione con l’interfaccia musicale. Una seconda proiezione infine visualizza il rapporto armonico tra i suoni generati, rendendo possibile l’esplorazione del rapporto tra il contesto uditivo e quello visivo. Si tratta, ci tengo a precisare, di una visualizzazione tecnica/matematica del suono e non tanto di una mia interpretazione artistica, che porta pero’ alla visualizzazione di strutture estremamente affascinanti.


Il progetto OSCILLA e’ iniziato nel 2011 mentre lavoravo al Sonic Arts Research Centre nella sperduta e piovosa Belfast, ed e’ prodotto dall’associazione UBIKteatro (www.ubikteatro.com), con cui ho avuto modo di presentarlo in varie versioni e occasioni tra cui Milano (Kernel Festival 2011 e Salone del Mobile 2013), Venezia (Toolkit Festival 2012), Torino (NEM summit 2011), Belfast (Sonorities Festival 2012) e ora a Tokyo (Tokyo Experimental Festival 2013) e Ljubljana (Earzoom 2013).
La versione presentata a Tokyo si basa su una struttura creata ad-hoc con Francesca Sarah Toich/UBIKteatro durante la residenza artistica che mi e’ stata offerta dal Tokyo Wonder Site per partecipare appunto al Tokyo Experimental Festival – TEF (Link: http://www.tokyo-ws.org/english/archive/2013/07/tokyo-experimental-festival-soundart-performance-vol8.shtml). Anche la parte software del progetto e’ stata riscritta e migliorata, prima della partenza, con l’aiuto di Andrea Fincato.

OSCILLA_TWS-(1)

Quale tipo di esperienza stai riscontrando al Tokyo Experimental Festival?
L’occasione di esibire il lavoro al festival di Tokyo e’ per me particolarmente stimolante in quanto si tratta di portare un lavoro creativo-tecnologico in un paese altamente tecnologico come il Giappone. Il Tokyo Wonder Site che presenta OSCILLA in una delle sue gallerie nel quartiere ‘Hongo’, e’ una struttura molto ben attrezzata ed efficiente e si ha l’impressione, piacevolissima, che il lavoro creativo sperimentale venga trattato con lo stesso rispetto e serieta’ di un lavoro normale, cosa non scontata. Il centro offre un mese di residenza agli artisti selezionati (fornendo alloggio – risorsa preziosa nella costosissima Tokyo, spazi, supporto tecnico logistico nonche’ possibilita’ di networking e contatti interessanti). Oltre a presentare i lavori selezionati, gli artisti invitati devono poi fare delle presentazioni e organizzare eventi quali workshop o performance. Insomma il modello classico della residenza (quando fatta bene) pero’ qui implementato in maniera particolarmente efficace.

Trovi delle differenze di approccio, nei confronti dell’arte contemporanea, tra l’Europa (in particolare rispetto ai centri che tu hai potuto frequentare di più negli ultimi tempi, Londra, Ljubjana) e l’Asia?
Certo anche qui i budget sono in calo, come mi spiegava il senior curator di ICC, straordinaria galleria di media art qui a Tokyo (http://www.ntticc.or.jp/index_e.html) , ma la leggendaria dedizione Giapponese al lavoro si mostra sicuramente anche nel contesto di un festival d’arti multimediali sperimentali come questo, ad accesso gratuito, giunto ormai all’ottava edizione. Ho comunque avuto modo di vedere altre realtà artistiche qui in città e mi sento di dire che, nelle arti contemporanee vige in generale un gusto a cui mi ritrovo spesso vicino (piu che in Europa) e ho visto alcuni lavori ed esibizioni davvero straordinarie (tra cui sicuramente il suddetto ICC).

OSCILLA_Fuorisalone2013_00

Avendo portato in diverse sedi Oscilla, hai potuto riscontrare diverse attitudini, nei confronti dell’interazione diretta con l’opera, da parte del pubblico fruitore?
In queste settimane di permanenza a Tokyo sto poi riscontrando (ovviamente) abissali differenze con la cultura Italiana ed Europea in genere, alcune anche difficilmente digeribili. La reazione del pubblico ad OSCILLA pero’ e’ piacevolmente simile dovunque la porti: chi ha la pazienza di soffermarsi un’attimo e capire ne rimane affascinato,  ci ‘gioca’ con uno stupore ‘bambino’. La differenza qui a Tokyo e’ che, in questi casi, il giapponese tipico ha delle espressioni di meraviglia molto teatrali, sonore e divertenti.
Sembra comunque che il pubblico, seppur non sempre numerosissimo, sia genuinamente curioso verso l’arte e non lo faccia per noia, per moda o per stare in società. Anche la performance che abbiamo presentato qui con Francesca Sarah Toich (lectura Dantis con elettronica dal vivo, sempre nel contesto di TEF)  ad esempio, ha avuto riscontri entusiastici, nonostante le barriere linguistiche. A proposito di queste devo dire che sono rimasto colpito da  come il Giappone si sia distanziato dall’egemonia mondiale della lingua Inglese, anche negli ambienti professionali non lo si usa molto. Per altri aspetti, più commerciali, copia invece spudoratamente la società occidentale spesso purtroppo eliminando l’autenticità del suo passato (edifici, artigianato etc).

Qual è la direzione che le tue ricerche stanno prendendo?
Per quanto riguarda idee e direzioni future, difficile rispondere in breve. Ho ancora molto da esplorare nell’ambito dell’interazione e della videoproiezione, in entrambe i casi la mia collaborazione con UBIKteatro mi permette e incentiva ad esplorare il mondo ai confini tra la performance dal vivo e l’installazione. Mi interessa molto la relazione tra corpi e tecnologia, l’equilibrio possibile tra l’artificiale e il naturale, mi piace che i miei progetti abbiano e trasmettano un non so che di magico, di meraviglia… quindi vedremo.

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