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LE POLVERI SOTTILI – genealogia di una (quasi) mostra

Olivares cut ha partecipato alla CALL FOR CURATOR indetta da MaRT per la Galleria Civica di Trento con il progetto LE POLVERI SOTTILI.
Questo il concept del progetto presentato. Attualmente in cerca di un sito dove rendere effettiva l’esposizione.

LE POLVERI SOTTILI

Le Polveri Sottili muove da un approccio sociologico al tema del Conflitto: gli artisti sono stati chiamati ad intervenire – secondo modalità site specific, con opere immersive, esperienziali – conciliando il significato della “guerra” come macroconflitto, con una visione più ampia che indaga come anche i microconflitti, tipici della contemporaneità, siano retaggio di un imprinting atavico, impossibile da cancellare. Il dualismo bene/male, vincitori/vinti, vittime/carnefici è un tentativo semplicistico di mettere ordine. Spesso l’impossibilità di inserire protagonisti e avvenimenti nel “cerchio nero” piuttosto che in quello “bianco” ci dimostra tutta la complessità nel rappresentare verosimilmente una situazione dalle infinite sfumature. A partire dal concetto di identità, la mostra vuole proporre un’iconografia del conflitto contemporaneo. “Le Polveri Sottili” hanno un duplice significato: da un lato si riferiscono alla polvere da sparo, materiale esplosivo ma di per sé innocuo (riferimento metonimico alla concretizzazione dell’azione violenta della guerra); dall’altro, si fa riferimento alle polveri inquinanti, che si insinuano, invisibili e indisturbate, all’interno dell’organismo fino ad incancrenirlo e distruggerlo, metafora di conflitti subdoli e ancor più pericolosi degli scontri diretti, palesi. La mostra non vuole, pertanto, essere un “elogio al conflitto”, pur riconoscendo a esso un importante valore nel processo di crescita individuale e conoscitiva. Il
conflitto è una forma d’interazione intensa, che non necessariamente comporta l’uso della violenza. Esso fortifica il Sé attraverso il riconoscimento dell’Altro, promuove l’integrazione interna del gruppo; si mantiene dualistico indipendentemente dal livello entro il quale viene a crearsi. Il conflitto aperto è sempre tra due parti: ecco dunque che il percorso espositivo ha valore catartico. Il dualismo di significanti è espresso dall’uso del nero in contrasto con il bianco. Il nero si limita alle stanze, singole battaglie; il bianco degli spazi di passaggio concede pause, riflessioni.
La partenza dal basso trascina sul fondo le “polveri pesanti” assieme allo spettatore: le opere di questa sezione non lasciano spazio a una tregua; la risalita, con le “polveri leggere”, porta maggiore respiro. La visione di questi nuovi lavori, che scavano nei conflitti interiori ancor più che in quelli interpersonali, attenua la scarnificazione del concetto avvenuta nella prima sezione della mostra. Da Un terribile amore per la guerra di J. Hillman è stata scelta la frase che corre lungo tutta la Galleria, conciliando visione e interpretazione sociologica, affermando, ancora una volta, il concetto di guerra come rappresentativo e inglobante tutti i conflitti ai quali l’Uomo (contemporaneo) è sottoposto.  Alla definizione del concept ha collaborato il sociologo Vincenzo Romania.

…la guerra genera la struttura stessa dell’esistenza e del nostro pensiero su di essa: le nostre idee di universo, di religione, di etica; il tipo di pensiero alla base della logica aristotelica degli opposti, delle antinomie kantiane, della selezione naturale di Darwin, della lotta di classe marxiana e perfino della freudiana rimozione dell’Es da parte dell’Io e del Super-io. Noi pensiamo secondo la categoria della guerra, ci sentiamo in dissidio con noi stessi e senza rendercene conto siamo convinti che la predazione, la difesa del territorio, la conquista e la battaglia interminabile di forze opposte siano le leggi fondamentali dell’esistenza”.

J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, Milano, Adelphi, 2005.

Progetto espositivo a cura di Petra Cason
Consulenza al concept Vincenzo Romania, sociologo
Consulenza al progetto espositivo Nicola Cappellari, architetto; Flavio Barban, architetto
Grafica Cristina Maraschin

Artisti
Fabiano De Martin
Samuele Papiro
Vincenzo Romania
Giuseppe Vigolo
Marco Dal Maso / Francesca Sarah Toich
Giacomo Roccon
Franco Guardascione
Andrea Rosset
Nicole Voltan
Enrica Casentini
Arianna Piazza
Federico Lanaro
Dimitri Giannina

(Immagine dall’opera WEAPONS di Giuseppe Vigolo)

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La presa ferma

Intro.
Ti ho riconosciuto nell’atrio della fiera, nell’andirivieni di gente ininterrotto che ti circondava. Tu eri al telefono e io ho pronunciato il mio nome senza emettere suono, per non disturbare la conversazione. “Petra”. Letto il labiale, hai chiuso la chiamata e ci siamo presentati come si conviene. Una stretta di mano, due baci sulle guance. Quelle cose che si fanno quando ci si vede per la prima volta, dopo essersi scambiati il giusto numero di messaggi scritti e una telefonata per capire dalla voce di che pasta si è fatti.
Accettando il mio invito venivi a parlare di te al Take Care Corner (“no, di Dolomiti Contemporanee“, mi hai risposto. “Ma io volevo che mi parlassi di te”. “Io Sono Dolomiti Contemporanee.” “Ah, allora va bene”). Ti ho guardato sederti in poltrona e, in un tempo brevissimo (chissà se te ne sei accorto) calamitare attorno a te le persone che gravitavano attorno ai tappeti, alla lampada. Tutti si sono fermati ad ascoltare ciò che ci stavi per dire.
Iniziamo.

Gianluca D’Incà Levis è un fuggitivo. Un architetto fuggito dalla morsa del tecnigrafo.
Nel 2008, mentre l’Unesco stava valutando la possibilità di far rientrare nel patrimonio dell’umanità il complesso naturale dei “Monti Pallidi”, Gianluca usciva dal suo studio di architettura per entrare nel tunnel dell’arrampicata.
Io non ho idea di che significhi “arrampicare”; mi dicono sia un’esperienza totalizzante, mistica, di quelle di cui, una volta provata, non si riesca più a farne a meno. Uno spaccio di endorfina.
In un volo pindarico, guardando dal basso i corpi appesi alla roccia, cerco un’analogia tra questa pratica a me così lontana e il tango che conosco. Vedo in loro, come nella danza, una tensione del corpo che è dettata dalla mente, la quale riferisce ai muscoli che fare attraverso parole silenziose; l’incedere sicuro, un passo alla volta, è scandito da un ritmo fatto dai suoni del respiro. Le spalle rilassate, i polsi morbidi, i nervi tesi, la presa ferma: si seduce la roccia per conoscerla. La corda doppia fa una ronda verticale. Le cortine lassù, anziché esser musicali, sono di nebbia.
Accosto l’immagine della presa nel tango (le mani unite dei due ballerini nell’abbraccio)  a quella nell’arrampicata, quando le falangi stringono la roccia sfidando le leggi di gravità. E trovo in Walter Benjamin la riprova che le coincidenze esistono (se le si vogliono trovare): “La presa ferma, apparentemente brutale, fa parte dell’immagine della salvezza.”

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MIND THE G.A.P. in mostra a Merano

Dal 19 al 27 novembre presso la Sala Esposizione del Palazzo delle Vecchie Terme di Merano avrà luogo la terza tappa della mostra itinerante del fotografo Marco Dal Maso dal titolo MIND THE G.A.P. – IL GIOCATORE.

L’esposizione si inserisce all’interno della campagna di prevenzione dal gioco d’azzardo patologico Fate il nostro gioco, ed è proposta dall’Ufficio Servizi Sociali del Comune di Merano.

  • MIND THE G.A.P. scatti di Marco Dal Maso
  • MIND THE G.A.P. scatti di Marco Dal Maso

Il progetto MIND THE G.A.P – IL GIOCATORE, curato da Petra Cason, espone alcuni degli scatti che costituiscono il reportage “The Gambler“, sviluppato dal fotografo Marco Dal Maso nel corso del 2012, sul gioco d’azzardo patologico. Attraverso un allestimento dedicato, lo spettatore compie un viaggio che ripercorre la fase di avvicinamento alla dipendenza dal gioco d’azzardo e la fase di cura attraverso le terapie di gruppo.

A fianco degli scatti del reportage sarà visibile anche una videoinstallazione, realizzata da Dal Maso, sul tema in oggetto.

ORARIO DI APERTURA
Dal 19 – 27 Novembre 2013
LUN – VEN 10.00 – 12.30 (per le scuole) / 15.00 – 18.00
SAB – DOM 10.00 – 12.30
Sala Civica – Sala Esposizione (Ex Fisioterapico)
Via Ottone Huber, 8, Merano

 

 

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Quarto giorno del Take Care Corner ad Art Verona Fiera

Patrizia Polese sarà ospite del Take Care Corner di DOMENICA 13 OTTOBRE, ore 11.00 ad ArtVerona / area blogger, sezione Independents.

L’artista racconterà della sua esperienza in Messico nell’ambito della ricerca continua sulle tecniche di filatura applicate alla produzione artistica e sul suo modo di intendere l’arte.

Alle ore 15 Metamorfosi Gallery (associazione culturale) parlerà del programma di eventi previsto per la stagione 2013/2014.

Alle ore 16.30 il Corner si trasferirà all’area TALK della Fiera: i curatori Andrea Penzo e Cristina Fiore presenteranno la rassegna CONTRO ZONA, inaugurata a Mestre venerdì scorso. Alle 17.30 continueremo la chiacchierata al Take Care Corner con Penzo e Fiore e alcuni artisti coinvolti nella rassegna.
Stay tuned!

Vi aspetto ad ArtVerona, padiglione 10. Cercate la lampada (e la poltrona).

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Take Care Corner / video 2 ANDREA ROSSET

Andrea Rosset, primo ospite del Take Care Corner. Partirà a raccontarmi dal lavoro Restrain per finire con…

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